Solo su Free Playing, il mio omaggio alla generazione uscente.

Quella PS4 è stata la prima generazione che ho seguito dall’inizio (anzi dal reveal, nell’evento del febbraio del 2013) alla fine (se la facciamo coincidere con l’uscita delle nuove console) da "persona informata sui fatti". E visto che nello stesso periodo avevo iniziato a seguire il podcast, questo è il posto e il momento giusto per salutare l’ormai old gen, con una bella classifichina di quelle che ci piace tanto fare.

Nata ovviamente come top 10, l’ho subito ampliata a 15 perché non volevo escludere nessuno dei giochi che più mi hanno fatto (ri)appassionare in questi sette anni. E mi sono limitato alla sola console PlayStation sia per fare una classifica più sensata, sia perché Xbox One non l’ho avuta, mentre per quanto riguarda Wii U (e Switch se vogliamo) non ha avuto giochi che mi abbiano fatto realmente innamorare (a parte Wind Waker HD, ma i remaster non valgono).

E se qualcuno si chiede perché non ho aspettato Cyberpunk 2077, beh, non mi conosce: la mia personalissima top 15 è completamente RPG-free (occidentali o giapponesi che siano, è un genere che digerisco poco se non a piccole dosi), ma soprattutto open world-free (vero male di questa generazione: stavo già arrivando a saturazione, poi Red Dead Redemption 2 mi ha dato il colpo di grazia). Lo proverò sicuramente per la curiosità dell’ambientazione e di come hanno gestito il tutto, ma stiamo molto calmi.

Ora che mi sono inimicato metà community, possiamo partire.

15 – The Talos Principle

Cominciamo dal miglior puzzle game della generazione: una serie di stanze separate con enigmi da risolvere tramite alcuni strumenti che vengono introdotti man mano, aumentando il grado di complessità. A un certo punto però ti accorgi della presenza di macro-puzzle che coinvolgono più stanze e richiedono un ulteriore livello di lettura e di pensiero laterale (questi sono facoltativi ma danno molta soddisfazione quando risolti).

Il tutto mentre sei immerso in questi ambienti decadenti e suggestivi, accompagnato da una storia molto interessante e filosofeggiante (ma non invasiva perché si può approfondire a piacere). La versione console poi comprende già anche l’ottima espansione Road to Gehenna.

14 – SOMA

A proposito di ambientazioni suggestive e storie dai risvolti filosofici, qui viaggiamo molto alti. Non sono mai stato appassionato di Amnesia o degli altri lavori di Frictional Games (o degli horror in generale), ma SOMA ha quel fascino della fantascienza fatta bene, che fa riflettere su temi non banali. Aggirarsi nelle strutture abbandonate (ma non troppo) della stazione di ricerca sottomarina di Pathos II è angosciante ma allo stesso tempo avvincente.

13 – The Last Guardian

L’ultima, bistrattata avventura di Ueda è una gemma grezza, spigolosa in certi aspetti per colpa della lunga gestazione cominciata in epoca PS3, ma avveniristica per quanto riguarda Trico e la sua IA: non si era mai visto un animale che sembrasse così vero (per quanto fantasioso) per come si muove e reagisce a quello che succede a schermo. Chi si lamenta che la bestiola non risponde istantaneamente ai nostri comandi non ha capito che è proprio quello il punto: instaurare pian piano un legame con una creatura viva e selvaggia, non con un cane ammaestrato.

12 – Sekiro: Shadows Die Twice

Il primo gioco di From Software in classifica è una stupenda variazione dalle classiche meccaniche soulslike, molto più action e meno RPG: all’inizio può essere brutale, ma quando cominci a far tue le meccaniche gli scontri si trasformano in una danza di spade e scintille.
Si ferma però prima della top ten perché il prezzo della maggior libertà di movimento (saltellando qua e là col rampino) è stato un ridimensionamento dell’eccellente level design che From riesce a mettere in piedi di solito.

11 – Return of the Obra Dinn

Non ero fan di Lucas Pope e del suo Papers, Please, ma onore a lui per aver creato il miglior gioco investigativo di sempre: al giocatore viene chiesto di fare vere e proprie deduzioni con le informazioni in suo possesso per scoprire cos’è successo all’equipaggio della Obra Dinn. Qui non si può usare la forza bruta perché bisogna inanellare tre deduzioni corrette alla volta e ci sarebbero troppe combinazioni possibili (almeno finché non ci si avvicina alla fine): si prosegue solo affidandosi al nostro spirito di osservazione e alla capacità di analisi. Geniale.

10 – Resident Evil 2

Ad aprire la vera e propria top ten troviamo il RE dei REmake (oltre che mia prima esperienza con Resident Evil in assoluto). Atmosfera pazzesca, level design di alto livello nelle tre macroaree principali, e un bilanciamento tra action e survival perfetto nella progressione anche alla difficoltà più alta (coi cari vecchi salvataggi limitati).

Ho fatto tutte e quattro le run possibili senza mai stufarmi, dopodiché ho recuperato il bellissimo remake del primo e ho appena finito il buon settimo capitolo. In attesa di VIllage, c’è il Nemesis che mi aspetta.

9 – Dark Souls III

Secondo gioco di From Software in classifica, qui lo dico e non lo nego: Dark Souls III è il migliore della trilogia. L’influenza di Bloodborne dà nuova linfa alla serie velocizzandone il combat system, le boss fight sono tra le migliori di tutti i souls (per qualità e quantità) e, pur essendo la progressione più lineare rispetto ai precedenti, il level design di ogni singola area è straordinario (e io lo preferisco ad avere tante aree interconnesse tra loro, ma più blande).

Non mi esprimo sui 2 DLC usciti perché li ho solo visti giocare senza provarli (ma non mi hanno messo voglia di recuperarli). 

8 – NieR: Automata

Anche qui, non sono mai stato grande fan dei Platinum Games: a parte Bayonetta (l’action game perfetto, il primo almeno), ho sempre sentito la mancanza di quel quid in più negli altri loro giochi. Ebbene, quel qualcosa l’ho trovato grazie all’apporto di follia di Yoko Taro: dopo una serie di giochi dal background super affascinante ma sviluppati da cani, il geniale director affida alle sapienti mani di Platinum il gameplay del nuovo tassello della sua creazione, e il risultato è qualcosa di unico e speciale.

Chi è arrivato a vedere i titoli di coda, quelli veri e irripetibili, sa di cosa parlo.

7 – Dishonored 2

Maestri degli immersive sim moderni (ma non delle vendite purtroppo per loro, e di conseguenza per noi), gli Arkane Studios hanno sviluppato due perle di rara bellezza in questa generazione.

Nel 2016, il team di Arkane Lione esce col seguito del già ottimo Dishonored, portando a un livello ulteriore soprattutto il level design: due livelli in particolare sono da manuale di game design, da studiare e ristudiare. La scelta tra due protagonisti iniziali (ognuno col suo set di poteri personalizzabili) raddoppia poi le possibilità offerte dal gameplay.

6 – Prey

A meno di un anno di distanza, il team di Arkane Austin tira fuori il reboot di Prey: seguito spirituale di System Shock, come BioShock prima di lui, Prey risulta molto più profondo nella struttura e nelle meccaniche rispetto all’opera di Ken Levine. Le varie sezioni della stazione di Talos I si interconnettono tra loro in una specie di metroidvania 3D esplorabile sia dall’interno che dall’esterno, mentre bisogna fronteggiare la crescente minaccia degli alieni Typhon, scegliendo se e quanto assimilare i loro poteri o giocarsela solo con le armi più convenzionali (ovviamente con delle conseguenze).

Menzione d’onore per il DLC Mooncrash (cagato da ancora meno persone rispetto al gioco base), che sfrutta le consolidate basi del gameplay in uno splendido esperimento roguelite, ambientato su una base lunare e perfettamente contestualizzato narrativamente.

5 – Hollow Knight

La parte più alta della classifica inizia col miglior indie della generazione, oltre che miglior metroidvania 2D mai creato: un mix perfetto di esplorazione, platforming e combattimento, una mappa intricatissima dalla quantità e varietà di zone incredibile, un numero esagerato di boss fight epiche, e un ambientazione meravigliosamente malinconica tutta da scoprire.

Tutto ciò creato da un team di sviluppatori che si contano sulle dita di una mano e che hanno supportato il gioco gratuitamente con aggiornamenti e DLC. Chapeau.

E qui mettiamo un bello stacco, perché le quattro teste di serie costituiscono il meglio del meglio della softeca PS4, e nelle mie preferenze spiccano di una bella spanna su tutto il resto della classifica.

4 – God of War

L’operazione di rinascita della saga di Kratos è stata un successo su tutti i fronti. Cory Barlog (già director del secondo capitolo, da molti considerato il migliore) viene richiamato a guidare Santa Monica Studio dopo il punto basso di Ascension, carino ma con una formula stanca che era stata reiterata troppo. La struttura di gioco viene quindi ripensata con un piglio più moderno, ma rispettandone lo spirito: l’open map che viene imbastito è un piacere da esplorare (pur seguendo una progressione semi-lineare), mentre il sistema di combattimento è diventato più profondo e soddisfacente, senza perdere in brutalità e spettacolarità.

Inoltre la gestione della nuova mitologia norrena è magistrale per come viene reinterpretata e legata al protagonista e al suo passato.

Si ferma prima del podio perché, al contrario di quelli qui sotto, non l’ho mai rigiocato (solo platinato). In futuro su PS5 un NG+ ci sta tutto.

3 – Uncharted 4: Fine di un ladro (+ L’eredità perduta)

Terzo posto facile per l’ultimo capitolo di quella che è stata la mia serie preferita su PS3, dalla mia software house preferita da più di 20 anni.
 
Naugthy Dog decide di dare ad Uncharted la conclusione che meritava dopo un mezzo apocrifo terzo episodio (sempre bellissimo, ma più un more of the same del secondo, con anche qualche problemino di narrativa), sviluppato dal team secondario mentre fervevano i lavori sul primo The Last of Us.

Dopo uno sviluppo alquanto travagliato, Neil Druckmann e Bruce Straley (a capo del progetto dopo l’abbandono della scrittrice storica Amy Hennig) riescono a creare un’ultima meravigliosa impresa per Nathan Drake: un’avventura di ampio respiro in giro per il mondo con una scrittura dei personaggi decisamente più matura (l’influenza di The Last of Us si fa positivamente sentire), senza più cazzate paranormali, e con un gameplay nettamente più evoluto rispetto alla trilogia precedente (sia nei combattimenti che nei puzzle e nell’esplorazione). Senza contare la solita dose di set piece mozzafiato in ambientazioni splendide, esaltati dal connubio tra capacità tecnica e gusto estetico che solo in Naughty Dog sanno raggiungere.

Aggiungo come bonus l’eccellente DLC L’eredità perduta, passato da semplice contenuto aggiuntivo a vero e proprio capitolo standalone che, mischiando gli elementi migliori di Uncharted 2 e 4, non ha nulla da invidiare ai capitoli maggiori. Inoltre porta con sé un inizio di sperimentazione con mappe più aperte, di cui si vedranno i frutti più avanti…

2 – Bloodborne

Come si dice, il primo souls non si scorda mai, specialmente se l’area iniziale è brutale come Yharnam Centrale (fottuti lupi sul ponte). Mi ero sempre tenuto a distanza dai Dark Souls perché da fuori sembravano giochi per masochisti, lenti, macchinosi e pieni di statistiche da gestire, e Bloodborne sembrava proprio migliorare tutti quegli aspetti: il personaggio molto più reattivo, il combattimento veloce e frenetico (un letterale bagno di sangue), le cagatine da RPG ridotte al minimo (ciao peso trasportabile, viva il fashion souls). E poi quell’ambientazione così squisitamente gotico-vittoriana era troppo affascinante, così mi ci sono buttato.

Dopo un inizio traumatico comincio a capire come approcciare i nemici, come sfruttare al meglio le fighissime armi trasformabili (ognuna col suo moveset unico), come esplorare le mappe figlie di un level design certosino, volendone sempre di più.

Finisco il gioco, ma non ne ho abbastanza: NG+, espansione (The Old Hunters completa il pacchetto in maniera eccezionale con tre nuove aree, un sacco di nuove armi e nuovi stronzissimi boss), dungeon del calice (un po’ meh per via dei layout continuamente ripetuti, ma ehi è un extra).
Il succo del discorso è che ad oggi, 4 platini dopo (nell’ordine Bloodborne, Dark Souls 3, Dark Souls e Sekiro), adoro la "serie" creata da Hidetaka Miyazaki, con Bloodborne che rimane il suo capolavoro.

Gioco della generazione a mani basse. Fino a sei mesi fa.

1 – The Last of Us Parte II

Beh, che dire se non… l’action-adventure più perfetto su cui abbia mai messo mano (e io amo gli action-adventure se non si fosse capito, più di ogni altro genere).

Neil Druckmann, stavolta solo al comando, guida tutto il team in quest’opera monumentale, che non è solo la parte 2 di The Last of Us, ma è The Last of Us2: ogni aspetto che aveva reso grande il primo capitolo è stato portato all’estremo. Le meccaniche di gameplay sono ultra raffinate, il level design più aperto e verticale, l’IA è probabilmente la più evoluta nel genere (che unita al livello incredibile delle animazioni rende il tutto più immersivo), gli scenari della Seattle postapocalittica sono fantastici (lo stadio, le rapide del fiume che attraversano la città… spettacolo), l’uso della fisica per risolvere certi enigmi… più in generale, l’attenzione maniacale ai dettagli.

Il tutto viene innestato e amalgamato in un’ambiziosa struttura in due atti (più epilogo), che a metà strada travolge le aspettative del giocatore con conseguenze di narrativa e di gameplay messe in scena in maniera ineccepibile.

Dopo averlo rigiocato a difficoltà più alta (e platinato), ho apprezzato ancora di più tutto ciò che ha messo in piedi Naughty Dog in quest’ultimo capolavoro. Ci sarà una parte terza? Non lo so, e non vedrei come potrebbero ulteriormente perfezionare questa formula, ma in fondo I’m just a poor wayfaring stranger

Migliori software house della generazione risultano quindi From Software (con 3 titoli) e Naughty Dog (2+1, ma tutti sul podio), seguiti a ruota da Arkane Studios.

Buona next gen a tutti.